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LIBRO TERZO 3g3 farla, come nelle orazioni a favore della legge manilia e di Marcello, e in quelle fatte al suo ritorno dall’esilio, la sua eloquenza piena è allora di pompa, di maestà, di decoro. Ma l’eloquenza di Cicerone trionfa singolarmente nel perorare; e io non temo di dire che se di tutte le orazioni di Cicerone altro non ci fosse rimasto che la sua perorazione a favor di Milone, potrebbe questa bastare a dargli il primo luogo tra gli oratori. In fatti tale era la stima che in ciò aveasi di Cicerone, che quando una stessa causa era da più avvocati difesa, tutti a lui lasciavano il luogo a perorare; nel che, dic’egli stesso modestamente, il mio dolor medesimo più che il mio ingegno era cagione eli io sembrassi eccellente (Orator. n. 3 7). In questa parte non vi ha luogo a paragon con Demostene, che non era in Atene lecito il perorare, come osserva Quintiliano (loc. cit.)) e in questa parte perciò non potè certo Demostene essere a Cicerone modello e maestro. Egli è però a confessare che molto della sua eloquenza dovette Cicerone a Demostene, le cui orazioni avea egli con somma attenzione studiate, e alcune anche recatene in lingua latina. Quindi ancorchè voglia concedersi a Cicerone la preferenza sopra Demostene, di che io non ardisco decidere, si potrà sempre affermare a grande onor di Demostene, ch’egli è stato vinto da chi avea appreso a vincere da lui medesimo. XVI. Troppo dovrei allontanarmi dal mio argomento, se tutti annoverar volessi e rispondere a tutti quelli che la loro critica hanno esercitata contro di Cicerone, Fin da quando