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386 PARTE TERZA sua eloquenza finalmente spaventa e sbigottisce L’ardito Catilina, e molti de’ suoi complici, per maniera che spontaneamente escon di Roma. Sì straordinarii e maravigliosi effetti non si ottengono se non da maravigliosa e straordinaria eloquenza. Ma lo spettacolo, a parer mio, più glorioso si è quello che ci offre la quarta delle sue Filippiche. Questo grand’uomo, a cui fi età avanzata e la lunga sperienza e la memoria delle cose operate a pro della Repubblica aggiugnevano allora autorità sempre maggiore, sale su’ rostri a ragguagliare il popolo di ciò che dal Senato erasi decretato contro di.Antonio. Appena egli comincia a parlare, il popolo che il rimira come il più fermo sostenitore della sua libertà, leva un alto grido d’applauso. Cicerone se ne compiace: prosiegue a parlareJ e prosiegue a riscuotere applausi. Si vede ch’egli ha in sua mano il muover il popolo a levar alto la voce quando egli il voglia. Ne fa varie volte la prova, e sempre l’ottiene, come si raccoglie dall’orazione medesima, la quale ad ogni passo si vede interrotta dalle liete grida con cui il popolo seconda e favorisce i sentimenti del suo oratore. XIII. Ma questa sua eloquenza medesima gli | fu fatale. Antonio, da lui provocato ed offeso colle amare e sanguinose sue Filippiche, rimase vincitor finalmente nella guerra civile seguita dopo la morte di Cesare. Collegatosi quindi l’anno di Roma 710 con Ottavio e con Lepido, tra l’infelice numero de’ cittadini stati già suoi nemici, e da lui perciò dannati a morte, volle ad ogni modo che Cicerone fosse il primo.