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LIBRO TERZO 3^1 tra Mario e Silla, parla egli ancor nell’esordio del terzo libro deu Oratore, che tutto è delle lodi di questo grand’uomo, e dove Cicerone a celebrare l’eloquenza di Crasso dispiega maravigliosamente tutta la sua. Di M. Antonio, oltre ciò che a questo luogo ne ha Cicerone, parla egli ancor lungamente altrove (De Orat l. 2, n. 45, ec.), e rammenta singolarmente qual maravigliosa forza egli avesse nel commuovere gli affetti; e ne reca in prova ciò ch’egli aveva fatto nella difesa di Aquilio. Ecco per qual modo Cicerone introduce lo stesso Antonio a favellare di questo fatto, il qual passo reco io qui volentieri, perchè e contiene uno de’ più necessarii precetti dell’eloquenza, e ne somministra uno de’ più rari esempi. E piacemi di recarlo tradotto nel volgar nostro linguaggio secondo la bella e coltissima traduzione che di questi libri ha fatta e pubblicata negli anni addietro il sig. ab. Giuseppe Antonio Cantova, acciocchè quelli a cui essa per avventura non fosse ancor nota, ne abbiano qui un saggio, che basterà certamente a farne intendere il pregio a que’ che sanno quanto sia malagevole il ben traslatare d’una in altra lingua gli ottimi autori. Imperò non vogliate di me pensare che nella causa di M. Aquilio, nella quale io non veniva a narrare le avventure degli antichi eroi, nè i favolosi lor travagli rappresentar col mio dire, nè a sostenere un personaggio da scena, ma a parlar in mia propria persona, io potessi far quel eli ho fatto per assicurare a quel cittadino lo star nella patria, senza sperimentare una viva