Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo I, Classici italiani, 1822, I.djvu/418

LIBRO TERZO 36c) pregevole ornamento della sua casa (Valer. Max. l. 4 > c- 41 n. \)■ Donna eloquente essa 1)ure e in molte scienze istruita, scrisse più lettere che da Cicerone (loc. cit. n. 58) e da Quintiliano (l. 1, c. 1) sono sommamente lodate. Parte di una tra esse vedesi in alcune edizioni di Cornelio Nipote tra’ frammenti di questo autore. Alcuni però muovono dubbio se essa debba riputarsi legittima (V. Freytag. Specimen Hist. Liter. p. 43). Ebbe ella il piacere di rimirare i suoi figli divenuti per la loro eloquenza arbitri, per così dire, del popolo romano; ebbe l’onore di una statua che dal popolo nel portico di Metello le fu innalzata con questa gloriosa iscrizione: Corneliae Gracchorum Matri (Plutarch. loc. cit. e Plin.Histor. l. 34, c. 6). Ma ebbe anche il dolore di vedere i suoi figli l’un dopo l’altro barbaramente uccisi. La qual disgrazia nondimeno sopportò ella con grandezza d’animo maravigliosa. Narra Plutarco che ritiratasi allora presso il promontorio di Miseno, vi passò il rimanente de’ giorni in compagnia di molti amici cui ella liberalmente albergava; e che molti dalla Grecia venivano di continuo, altri a trattenersi con essa in eruditi ragionamenti , altri a recarle presenti cui molti re stranieri mossi dalla,fama di sue virtù le mandavano; e che le imprese del padre suo non meno che de’ suoi figli e le loro vicende raccontava ella senza mostrarne turbazione di sorta alcuna, per modo che alcuni i quali non bene intendevano di qual grandezza d’animo essa fosse, pensavano che per veemenza di dolore fosse uscita di senno. Questa fortezza d’animo di Tiraboschi, Voi I. 24