Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
324 | parte terza |
sera; dunque nell’anno 760 veramente in cui Ovidio entrava nel cinquantesimo di sua vita, egli fu esiliato. Ma è cosa troppo mal sicura il fondare calcoli astronomici su’ versi de’ poeti. In primo luogo non è abbastanza certo che il consolato d’Irzio e di Pansa cadesse nel 711, e l’opinione ora più ricevuta lo stabilisce nel 710. In oltre si ha egli a credere, e ci può egli assicurare il P. Bonin che Ovidio vedesse veramente Venere allora, quando altro certo dovei a avere pel capo che osservare i pianeti? A me sembra anzi probabile ch’egli parli a quel luogo secondo il costume de’ poeti, che di qualunque giorno essi parlino, il fanno o torbido, o sereno, non com’esso fu veramente, ma come la fantasia o il capriccio lor suggeriscono, e come al loro argomento torna più opportuno. Conchiudiam dunque che certamente Ovidio fu esiliato verso l’anno 760 di Roma, e in età di presso a cinquantanni, ma che non abbiam quanto basta a determinare l’anno precisamente.
Oscurità e incertezza intorno alle cagioni del suo esilio.
XXXI. Così potessimo a un di presso determinar la cagione di questo esilio. Ma qui è
appunto ove incontrasi la maggiore difficoltà.
Ovidio ne parla sempre in aria misteriosa ed
oscura, a guisa d’uomo che vorrebbe pur, ma
non osa, chiaramente spiegarsi. Niun autore a
lui coetaneo, o posteriore di poco ne fa menzione; e il primo ch’io sappia che abbiane
qualche cosa accennato, è Sidonio Apollinare,
autore del quinto secolo, di cui più sotto diremo, e troppo perciò lontano dall’età di Ovidio, per poterci ciecamente affidare alla sua