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libro terzo 317

recati. Il poemetto intitolato Ciris, che in certe edizioni si aggiugne all’opere di Virgilio a cui da alcuni è stato attribuito, da altri credesi esser veramente di Gallo. Di questo parere è il Fontanini, e presso lui si posson vedere le ragioni che ne arreca (loc. cit. c. 2). Ciò ch’è certo, si è che le Elegie che sono stampate col nome di Gallo, non sono suo lavoro. Fu Pomponio Gaurico che al principio del xvi secolo le pubblicò; ma la frode fu tosto da alcuni Italiani scoperta; e comunemente si crede ch’esse siano di un certo Massimiano Etrusco che fiorì a’ tempi di Boezio, e di cui a suo tempo ragioneremo. Intorno a che veggasi il più volte citato monsig. Fontanini.


Più altri poeti di que’ tempi medesimi. XXVIII. Degli altri poeti che a questo tempo fiorirono, io non farò che accennar brevemente i nomi e le cose più memorabili che di essi sappiamo. E primieramente il dottissimo M. Terenzio Varrone, di cui poscia avremo a parlar lungamente, fu poeta egli pure, e un gran numero singolarmente scrisse di satire miste di prosa e di versi a varii metri, che da Menippo poeta greco, il quale fu il primo a darne l’esempio, ebbero il nome di Menippee (V. Fabric. Bibl. lat. l. 1, c. 7). Non parlo qui di un altro Varrone detto Atacino, perchè a ragione potrebbon di noi dolersi i Francesi, che dopo aver tolto loro Cornelio Gallo, questo ancora volessimo loro rapire, che per comun consenso degli antichi e moderni scrittori è detto Gallo di patria, cioè nato in Atace luogo della Gallia Narbonese. Giulio Cesare, che in mezzo al rumore dell’armi e al tumulto delle guerre civili