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libro secondo 263

la pace con Pirro, o alcune funebri orazioni, le quali però, egli aggiugne, piene sono di errori, di trionfi falsi, di falsi consolati, e di false genealogie ancora. Catone adunque fu veramente il primo che nome avesse e fama di valente oratore. Di lui favella qui Cicerone, e già di sopra abbiam veduto con quante lodi ei ne celebri l’eloquenza. Quindi dopo aver nominati altri che valorosi oratori furono in Roma, viene a Sergio Galba che fu alquanto maggior di età di Lelio e del giovane Africano. A lui Cicerone concede il vanto di avere il primo usato di ciò che appellasi arte di ornamento dell’eloquenza, e di averne col suo esempio segnata agli altri la via. Nimirum, dice (n. 21), is princeps ex Latinis illa oratorum propria et quasi legitima opera tractavit, ut egrederetur e proposito ornandi caussa, ut delectaret animos, aut permoveret, ut augeret rem, ut miserationibus, ut communibus locis uteretur. Confessa però egli stesso che le orazioni di Galba erano allora poco pregiate, e che appena vi avea chi si degnasse di leggerle; di che arreca questa ragione (n. 24): ch’egli nell’atto di ragionare era dall’affetto compreso e trasportato per modo che vivo ancora e focoso ed eloquente erane il ragionare; ma che facendosi egli dappoi a scrivere e a ritoccar le sue orazioni ad animo più tranquillo e posato, languide riuscivano esse ancora e snervate. Anche i due famosi Lelio e Scipione, più volte già nominati, furono amendue valentissimi oratori. Amendue sono esaltati da Cicerone con somme lodi (n. 21, ec); e benchè egli pensi che Lelio fosse