Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo I, Classici italiani, 1822, I.djvu/294


libro secondo 245

volle a suoi compagni e in guerra e in pace que’ due uomini di eccellente ingegno, Polibio e Panezio. Niuno mai vi ebbe che meglio di Scipione occupasse il riposo che talvolta da’ pubblici affari gli si concedea; sempre intento a coltivar le arti civili e le guerriere, sempre in mezzo o alle armi o alle scienze, e esercitato tenne mai sempre o il corpo colle militari fatiche, o l’animo co’ più nobili studj. Somigliante lode deesi parimenti a Caio Lelio fedele amico e indivisibil compagno del giovane Africano. Egli di uguale amicizia onorò Polibio e gli altri eruditi Greci che allora erano in Roma, e con uguale fervore applicossi agli studi. Era già egli stato discepolo di un Diogene stoico, poscia frequentò la scuola e giovossi assai del sapere di Panezio (Cic. de Fin.l. 2, n. 8). A lui pure si aggiunsero e C. Furio e Q. Tuberone e Q. Muzio Scevola, ed altri molti tra’ principali cavalieri romani. 1

  1. Lo studio della lingua greca cominciò fin da questi tempi in Roma a rivolgersi in abuso. Narra Suida, e assai prima di lui avea narrato Polibio (Excerpta ex Legat. apud Vales. p. 189, 190) che Aulo Postumio, uomo di nobilissima nascita, ma leggero e loquace oltre modo, fin da fanciullo diedesi allo studio della lingua greca, ma in sì affettata maniera che la greca letteratura divenne odiosa a’ più saggi che erano in Roma. Volle poscia scrivere un poema e una storia delle cose della Grecia, e lusingossi di ottener lode presso i dotti, dicendo nell’esordio che era degno di compatimento se, essendo Romano, avea scritto in greco; ridicola scusa, dice Publio, e somigliante a quella di chi, essendosi spontaneamente offerto alla lotta, se ne scusasse poscia perchè non ha forze ad essa bastevoli.