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208 parte terza

appunto ce ne sono rimasti, e alcuni pochi frammenti, che sono stati inseriti nella Raccolta degli antichi poeti stampata in Ginevra l’anno 1611, poscia pubblicati di nuovo e diligentemente illustrati dal Vossio (vol. 4 ejus Oper.). Le quali due edizioni sono comuni a tutti gli altri poeti di cui solo ci son rimasti frammenti; e basti perciò l’averle qui rammentate per non doverle accennare di nuovo quando degli altri ragioneremo. Fu egli ancor destinato, come abbiam dallo storico Livio (l. 27, c. 37), a comporre un inno che l’anno di Roma 546 doveasi da ventisette verginelle a placare lo sdegno degl’iddii solennemente cantare. Inoltre l’Odissea di Omero tradusse egli in versi latini jambici, di cui qualche picciol frammento abbiam avuto da Gellio (l. 7, c. 7, ec.). Cicerone delle poesie di Livio ha portato poco favorevol giudizio; e certo i frammenti che ce ne sono rimasti, non ce ne danno una troppo vantaggiosa idea. L’Odissea latina paragonata viene da Cicerone (De Cl. orat. n. 18) a una di quelle antiche statue che a Dedalo venivano attribuite, le quali altro pregio non avevano finalmente che quello del loro creduto autore; e de’ teatrali componimenti dice che degni non erano di essere letti due volte. Ma ciò non ostante deesi ad Andronico gran lode, come a primo inventor tra’ Latini di quel genere di poesia che poscia più facilmente da altri fu a maggior perfezione condotto. Orazio ancora ci attesta che il severo suo maestro Orbilio dettavagli i versi di questo poeta, i quali benchè confessi esser rozzi ed incolti non vuole però