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194 parte terza



Per quali ragioni non s’introducessero che tardi tra loro. IV. Lo stesso ab. le Moine, dopo avere usato ogni sforzo a mostrare i Romani de’ primi secoli amatori delle scienze, pare che riconosca egli stesso che assai debole e languido fu un tal amore; perciocchè poco dopo così soggiugne (p. 10): Era ben difficile che si scrivesse allora pulitamente, e che si usasse un parlare elegante e colto: lo stato degli affari nol permetteva. Uno stato incerto ancora e ondeggiante, le continue discordie tra ’l senato ed il popolo, il successivo e vario cambiamento di governo di re, di consoli, di tribuni militari; lo spirito di conquista proprio di questa nazione, le continue guerre con popoli più dell’agricoltura solleciti che non degli studi; la necessità di aver sempre l’armi alla mano, e di star notte e giorno in faccia al nemico, tutto ciò impediva ai Romani l’applicarsi unicamente (meglio forse avrebbe detto l’applicarsi punto) alle scienze. A questa ragione, presa dalla dura situazione in cui erano i Romani ne’ primi secoli, un’altra ne aggiugne l’autore di un’opera sopra le Antichità di Roma, stampata in Dublino l’anno 1724, di cui una piccola parte è stata estratta ed inserita nelle Memorie di Trevoux (an. 1751, janv. p. 252, févr. p 466) col titolo: Saggio storico sopra la Letteratura de’ Romani; ove così ragiona: Quando si considerano i cominciamenti del romano impero, la forza che ricevette dapprima dal suo legislatore, e le qualità de’ primi membri che lo composero, niuno si maraviglia al vedere in questo nascente popolo una cotale ferocia interamente opposta alla pulitezza e alle