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potesse un giorno riuscirle funesta e dannosa. A questa ragione non potremmo noi forse aggiugnerne un’altra ancora, e non ci sarebbe egli lecito di sospettare che anche il divino Platone non fosse del tutto esente da gelosia e da invidia, e che veggendo forse la scuola di Gorgia più che la sua frequentata (poichè a qualche tempo vissero insieme), ne fosse alquanto dolente, e che cercasse così di porre in qualche discredito il suo rivale? Certo che di tali debolezze in que’ famosi antichi filosofi noi veggiamo non rari esempii. Ma ciò non ostante Platone medesimo favellò altrove di Gorgia non senza lode: Venne allora, dic’egli (in Hippia majore), quel Gorgia leontino Sofista mandato con pubblica ambasciata da’ suoi, come il più opportuno a trattar gli affari che a quel tempo correvano. Fu giudicato dal popolo buon parlatore; e privatamente ancora diè saggio del suo valore nel declamare, e ammaestrando i giovani non poco denaro di questa città ei raccolse. Intorno al sentimento di Platone per riguardo a Gorgia si può vedere ciò che diffusamente ed eruditamente ne dice m. Gibert nel suo Giudizio de’ Dotti che han trattato della rettorica, che forma l'ottavo tomo del Giudizio de’ Dotti di m. Baillet dell’edizione di Amsterdam. Ma qualunque fosse il sentimento di Platone intorno a Gorgia, egli è certo ch’ei fu allora e poscia considerato come uno de’ primi padri e maestri dell’eloquenza. Ed ella è certamente cosa d’immortal lode all’Italia, che i tre valenti oratori de’ quali abbiam finora parlato, sieno stati quelli che alla Grecia