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dubbiosa è la fede di tali lettere; e poichè questo è un punto che alla letteratura italiana propriamente appartiene, piacemi riferir qui alcuna cosa della controversia intorno ad esse sorta in Inghilterra verso la fine del passato secolo; tanto più che troppo rari essendo in Italia i libri per essa usciti, ed inoltre essendo essi per lo più scritti in lingua inglese, non è sì agevole l’averli, e il giudicarne.


Contesa tra gli eruditi sulle lettere stesse. VI. Erano già stati varii i pareri degli uomini eruditi intorno a queste lettere, che da alcuni riputate eran legittime, supposte da altri, di che puossi vedere Gianalberto Fabricio (Bibl. Graec. t. 1, p. 407). Ma l’anno 1695 una nuova edizione di queste lettere fece Carlo Boyle inglese in Oxford col testo greco a rincontro della traduzione latina, di cui fu fatta menzione negli Atti di Lipsia (1696, p. 101). Riccardo Bentley, a cui parve di essere stato nella prefazione del Boyle punto alquanto, scrisse una dissertazione in lingua inglese, in cui prese a mostrare supposte esser le lettere che sotto il nome di Falaride avea il Boyle pubblicate; la qual dissertazione venne a luce nel 1697 appiè della seconda edizione delle Osservazioni sulla letteratura degli Antichi e de’ Moderni di Enrico Worton. Se ne ha l’estratto nella Storia delle opere de’ Dotti di M. Basnage de Beauval (t. 14, p. 167). Replicò prontamente il Boyle al suo avversario nel 1698, e, come osserva Iacopo Bernard (Nouvell. de la Rép. des Lettres 1699, p. 658), non tenne misura alcuna, ma lasciossi trasportare alle ingiurie e a’ motteggi, e ad altre somiglianti maniere che ad