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con pochi strumenti, avendo allestita l’elica, per mezzo della quale ridusse in mare una nave sì smisurata. Archimede fu il primo che ritrovasse tal macchina. Allorchè poi nello spazio d’altri sei mesi ridussero a compimento l’altra metà della nave, fu tutta insieme unita con chiodi di bronzo, altri del peso di libbre dieci, ed altri di quindici, i quali messi in opra per mezzo de’ succhii servivano a tener unite le tavole, e con piastre di piombo venivano al legno inserrati col sottoporvi pece e pezzi di lino. Lavorata in tal guisa la parte esteriore della nave, si diede mano all’interna. Venti ordini di remi erano in essa nave con tre entrate, di cui la più bassa portava nella savorra, ed in essa scendevasi per molte scale; l’altra presentavasi a quelli che andar volevano negli appartamenti più famigliari, e l’ultima estendevasi nei quartieri dei soldati. Ad un fianco ed all’altro dell’entrata di mezzo erano trenta camere famigliari, e cadauna di queste era fornita di quattro letti. Nel luogo ai marinai destinato n’erano quindici con tre talami per gli ammogliati, fornita ognuna di tre letti, la cucina de’ quali era verso la poppa. Il pavimento di quanto abbiamo riferito, era formato di picciole pietre quadrate e diverse, le quali rappresentavano al vivo tutta la favolosa guerra di Troia, essendo l’artifizio in ogni cosa maraviglioso e per la struttura e per la copertura e per le porte e per le finestre. Nell’ingresso poi superiore era il luogo de’ pubblici esercizi, ed alcuni passeggi che corrispondevano alla grandezza di questa nave. Tra questi v’era