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di trovare in Empedocle la sostanza del sistema Neutoniano intorno alla gravità universale. Ma, come osserva M. Dutens (t. 1, p. 147), non sembra che ciò possa bastevolmente provarsi. Certamente però egli ebbe fama di gran filosofo e ove altra prova non ne avessimo, bastar ci potrebbe il magnifico elogio che ne fa Lucrezio, così dicendo (l. 1, v. 717, ec.):

Quorum Agrigentinus cum primis Empedocles est,
Insula quem triquetris terrarum gessit in oris,
. . . . . . . . . . . . . . 
Quae cum magna modis multis miranda videtur
Gentibus humanis, regio visendaque fertur
Rebus opima bonis, multa munita virum vi.
Nil tamen hoc habuisse viro praeclarius in se,
Nec sanctum magis et mirum carumque videtur.
Carmina quin etiam divini pectoris ejus
Vociferantur, et exponunt praeclara reperta,
Ut vix humana videatur stirpe creatus.

Ebbevi inoltre Epicarmo, che secondo alcuni fu di Megara città di Sicilia, secondo altri di Samo o di Coo, ma in età di soli tre mesi trasportato in Sicilia (V. Bruck. t. 1, p. 1121); Ocello nativo della Lucania; Timeo di Locri, il quale da Platone fu avuto in sì grande stima, che il suo Dialogo della natura delle cose, tradotto poi in latino da Cicerone, fu da lui intitolato Timeo; Archita di Taranto, da Cicerone e da Orazio mentovato con lode, e di cui fra non molto dovrem favellare, ove de’ matematici di questo tratto d’Italia terremo ragionamento; Alcmeone di Crotone; Ippaso, a cui da alcuni dassi per patria Crotone, da altri Metaponto, Sibari da altri, tutte città della Magna Grecia; e Filolao di Crotone; de’ quali