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affine di ammaestrarsi da lui intrapresi, venne a stabilirsi in Italia, il che pensa il Bruckero che accadesse l’anno 546. Vi fu tra gli antichi ancora chi disse ch’egli aveva avuto a suo discepolo Numa, il secondo re de’ Romani. Ma Cicerone stesso rigetta una tale opinione; poichè, egli dice, Numa certamente visse degli anni assai innanzi a Pittagora (De orat. l. 2, n. 154). Crotone e Metaponto furono le due città in cui fece egli più lungo soggiorno; ma più altre città ancora di queste provincie di cui parliamo, di qua ugualmente e di là dal Faro, giovaronsi de’ consigli e della dottrina di sì grand’uomo. Grandi cose ne narrano Porfirio e Jamblico da lui fatte anche a politico regolamento delle provincie medesime, e grandi prodigi ancora per lui operati; ma in questo qual fede loro si debba, è facil cosa a vedere; e anche il P. Gerdil conviene doversi tra le favole rigettare cotai maravigliosi portenti. Nemmeno puossi affermar con certezza se egli scrivesse libri di sorta alcuna. Su ciò ancora discordano gli antichi scrittori, nè tu sai bene cui debbasi prestare, ovvero negar fede.


Eccellenza e fama della sua setta. IV. Ciò che puossi con verità affermare, si è che fu Pittagora il primo che il nome di filosofo fin allora sconosciuto prendesse, come ne assicura Cicerone (Tuscul. Quae. l. 5, n. 3), e uno de’ primi che nello studio della filosofia, della matematica e della morale, non solo cominciarono ad aprir nuovi sentieri, ed avanzarsi più oltre assai di quello che fin allora si fosse usato, ma che additando agli altri ancora le vie da essi scoperte, ed invitandogli a