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di g. tiraboschi xi

forse taluni che il Lampillas si condusse con maggiore asprezza, anzi forse con maggiore libertà, di quella che non conveniva; nondimeno in questa occasione egli diede fuori alcune cose, che provano la non volgare erudizione di lui, e parrebbero avere segnata di qualche neo l’opera del Tiraboschi, se non fosse lecito alcuna volta in un lungo lavoro il lasciarsi pigliare da un po’ di sonno. E certamente doveva il Lampillas, quando reputava di avere a rintuzzar qualche assalto, attendere una stagione nella quale alquanto si fosse in lui racchetato lo sdegno.

Ben altrimenti portossi col Tiraboschi Lodovico Bianconi, pubblicando alcune Lettere sopra Cornelio Celso. Gentilmente ei gli propose diverse ragioni, per le quali parevagli, che quel principe degli scrittori latini intorno la medicina, non fosse vissuto, come comunemente credevasi, nell’età appellata d’argento, ma sì bene all’aureo secolo fosse da ascriversi. Assai volentieri venne il Tiraboschi in questa sentenza; nè egli altra cosa più amava che la scoperta del vero. Perciò molti furono ammessi a parte delle sue ricerche, principalmente intorno a quegli scrittori che avevano con essi comune la patria. Non tralasciò poi cura alcuna affinchè in ogni parte perfetta riuscisse l’opera sua; ed allorchè dovette trattare dei matematici, dei fisici, dei medici, degli anatomici

    alcune delle più importanti notizie della Vita e dell’Opere dell’A., Pozzetti, Lombardi, e Beltramelli ne’ loro Elogi. — Nota del Traduttore