Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo I, Classici italiani, 1822, I.djvu/109

60 parte

p. 344) che l’opinion degli Etruschi intorno a Dio era a quella degli Stoici somigliante. Aveane recato in pruova primieramente il detto di Seneca, che di ciò favellando (Nat. Quaest. l. 2, c.41), avea detto darsi dagli Etruschi a Dio nome di Fato, di Provvidenza, di Natura, di Mondo. Avea inoltre addotto un passo di Suida, il quale un frammento di anonimo etrusco intorno alla creazione del mondo ci ha conservato, cui piacemi di qui arrecare: Opificem rerum omnium Deum (Suid, in voc. Thyrreni) duodecim annorum millia universi hujus creationi impendisse, resque omnes in duodecim domos ita dictas distribuisse; ac primo millenario fecisse coelum et terram; altero fecisse firmamentum illud quod appareat, idque coelum vocasse; tertio mare et aquas omnes quae sunt in terra; quarto luminaria magna solem et lunam, itemque stellas; quinto omnem animam volucrum et reptilium et quadrupedum in aëre, terra et aqua degentium. Videri itaque primos sex millenarios ante formationem hominis praeterüsse, et reliquos sex millenarios duraturum esse genus hominum, ut sit universum consummationis tempus duodecim millium annorum. La qual opinione pure mostrò il Bruckero con quella degli Stoici convenire, i quali in diversi successivi tempi affermavano creato il mondo. Ma questo sentimento del Bruckero non piacque all’erudito signor Giammaria Lampredi, il quale nel suo Saggio sopra la filosofia degli antichi Etruschi, stampato in Firenze l’anno 1756, prese a combatterlo, riflettendo che potevasi bensì l’opinion degli Etruschi con quella degli Stoici