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lora passava delle ore rannicchiata nella sua poltrona dinanzi al fuoco, cogli occhi spalancati ed astratti, senza pensare a nulla, sentendo solo con voluttà carnale le aspre punture della fiamma. Alcune volte stava ad ascoltare La Ferlita senza dire una parola, colle labbra leggermente contratte e la fronte corrugata, vagabondando col pensiero, rispondendo per monosillabi, spesso a sproposito, col capo appoggiato alla spalliera della poltrona, stanca o annoiata. Giorgio credeva che fosse ora di andarsene, e allorchè prendeva commiato ella, gli domandava perchè volesse partire così presto, e lo pregava di rimanere. La scena non mutava però; la conversazione languiva come il fuoco che spegnevasi nel camino, e allorchè si sorprendevano entrambi dopo una mezz’ora di silenzio, ella si alzava e gli dava la buonanotte freddamente.

La Ferlita qualche volta, senza volerlo, diveniva triste anche lui; il suo buon umore, i suoi frizzi, i suoi aneddoti della giornata gli morivano sulle labbra, e il fantasma di quel male terribile che ella