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pure colle tendine calate che lasciavano passare una mano o un occhio curioso; e in mezzo a tutto questo va e vieni, dei passeri vispi e petulanti che saltellavano sul marciapiedi. La cupola del Duomo, il campanile, e la torre di Palazzo Vecchio, spiccavano sul cielo con profili netti, su di un caos di tetti e di guglie; più in là il palazzo Pitti, bruno e severo, sembrava appoggiarsi alla gran spalliera di verdura del Giardino Boboli. In fondo la leggiadra cintura dei colli stendevasi come un immenso giardino punteggiato di ville bianche e screziato di getti d’acqua, di masse di verdi e di bianchi viali serpeggianti; e dietro il vasto piazzale, di cui la balaustrata si disegnava sull’azzurro, e il profilo grazioso della Bella Villanella, un immenso sfondo ceruleo, digradante una luce opalina sui verdi contorni delle colline.

—Ma mi sento molto stanca, come se avessi camminato tanto quanto tutta quella gente lì. Costoro si danno bel tempo, come se non avessero altro da fare!...

C’era del corruccio nella sua voce e nella ruga verticale che solcò un momento la sua fronte.