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teva nè un raggio, nè un sorriso in quella stanzina. Gli uccelli facevano gazzarra nel giardino elegante e malinconico e fin sulle finestre, e fra i vetri e le tendine vedevasi una lista di cielo terso e limpido. La luce attraverso la seta delle tende penetrava tenera, diffusa, e nell’angolo del caminetto era assorbita dai chiarori rossastri della fiamma. Nata, colle spalle rivolte a quel quadrato di luce azzurrina, sembrava quasi al buio, i suoi occhi parevano più grandi e profondi, e il suo pallore sembrava quasi verdastro. Ella battè le mani con un movimento infantile, e stendendogliele entrambe, col suo più bel sorriso:

— Bravo! Se sapesse come giunge in buon punto, e come le son grata della sua visita! Vede? Tutta la mia vita si passa così, a contar gli alberi del viale. Ed ecco la mia più grande distrazione.

Giorgio si chinò ad esaminare la grande distrazione, un disegno giapponese che la contessa stava incollando su di una ventola, e si misero