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tanarsi da lui, cercava di leggere su quei lineamenti, che nell’ombra sembravano cangiare di aspetto ad ogni istante, al pari di quelli di una sfinge, quali passioni si svolgessero mostruosamente in mezzo ai vaneggiamenti del delirio. Le ore continuarono a suonare, monotone, impassibili, l’una dietro l’altra, con lunghi intervalli.

Verso l’alba l’inferma cominciò ad essere agitata. Giorgio seguiva i movimenti di lei con sguardo ansioso, senza osar di fiatare. Ad un tratto si accorse che gli occhi di Erminia erano spalancati, e che da alcuni istanti li teneva fissi su di lui con una singolare tenacità. Ei si levò, e stette ritto dinanzi a lei. Gli occhi di Erminia erano attaccati su di lui con tale insistenza, con tale espressione che gli strapparono la prima parola:

— Cosa vuoi?

Ella non rispondeva, guardandolo sempre a quel modo; brancolava col braccio fuori dalle coperte, quasi cercasse qualche cosa, poi gli afferrò la mano.

— Voglio parlarti, gli disse con voce appena