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una idealità dolce, malinconica ed amara nel tempo istesso: erano le ore passate accanto a quel canapè, mentre Erminia ricamava — quella sera in cui non erano andati al ballo, ed ella riempiva tutta la poltrona colle balzane leggiere e rigonfie della sua veste — i dolci colloquj, semplici, affettuosi, intimi d’allora, quando si dicevano tutto, in cui non avevano negli occhi dell’imbarazzo, in cui non ci avevano delle febbri, dei turbamenti, degli altri fantasmi lontani, assorbenti, gelosi, implacabili, quando la pace di quella camera era ancora inalterata, e facevano dei progetti, e parlavano insieme dell’indomani, di Giannino, della campagna con fiducia. Allora quel tempo passato rivestivasi di tutte le iridi dell’ideale. Giorgio v’immergeva il suo pensiero affaticato con l’energia di chi sente il bisogno di riposo. Il presente lo sorprendeva sempre, inesorabile, all’improvviso, con l’immagine di Erminia che era là, rivolta verso la finestra, col viso nell’ombra. Mentre teneva gli occhi fisi su di lei cercava di indovinare per quali lotte fosse passata ella pure prima di allon-