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cugino ch’era piuttosto delicato, così giovane, così debole, orfano di padre e di madre, in mezzo a tutta quella rovina d’uomini e di elementi in collera, e sorridente, con dolcezza come in quel momento; allora sentiva una gran tentazione di buttargli le braccia al collo e di non lasciarlo partire mai più. Il cuore le si gonfiava, le si gonfiava con un nodo che le stringeva la gola, e finalmente una volta scoppiò a piangere.
— Cos’hai?» domandò Carlo sorpreso interrompendosi.
— Nulla... mi fai male... Mi sembra d’aver paura.
Ei la fisava attentamente. Erminia di pallida s’era fatta rossa come un papavero, poi s’era fatta pallida di nuovo. Allora Carlo le afferrò la mano, con un lieve tremito, senza osare di mirarla in faccia, ed ella si nascose il viso nelle mani.
— Ora sei tu che mi fai male! le diss’egli dopo quel silenzio, e parlando piano. «Abbi un po’ di pietà di me!
Erminia alzò su di lui gli occhi lagrimosi. Anche