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minciava ad esser calma, ma nello stesso tempo l’effetto della stanchezza e dell’agitazione sofferta facevasi sentire; diventava sempre più pallida e abbattuta; la signora Roncaglia la indusse finalmente a mettersi in letto vicino al suo bimbo, il dottore uscì per le sue visite, Carlo andò per i fatti suoi, e la casa ridivenne tranquilla; solo si udiva il passo di Giorgio che andava su e giù pel suo gabinetto. Egli fu molto male per alcuni giorni, senza che nessuno ne trapelasse mai nulla; un sentimento ombroso di altera delicatezza gli faceva dissimulare penosamente quello che soffriva nelle lunghe notti travagliate dalle febbri e dagli incubi.

Fin da quel giorno una inesplicabile freddezza cominciò ad insinuarsi fra marito e moglie. Giorgio entrava nella camera di lei, s’informava del figlio, stava presente tutto il tempo che il medico faceva la sua visita, gli raccomandava con premura la salute della moglie, la quale era rimasta molto scossa, e poi non si faceva vedere fino a sera. La serena e rassegnata dolcezza di Erminia