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non si sarebbe mosso sin dopo la mezzanotte. Verso il tocco la signora Ruscaglia cascava dal sonno, e tutti concordemente l’avevano indotta a buttarsi sul letto, così vestita com’era. Erminia era andata ad accompagnarla, e mentre ritornava nella sua camera incontrò nel salotto il cugino Carlo che correva verso di lei.
— Sta allegra, Erminia! il dottore dice ch’è salvo! La febbre rimette; s’è addormentato tranquillamente e respira benissimo.
La poverina si fece smorta in viso; rimase un istante senza dir nulla, cogli occhi sbarrati in quelli di lui, tutta tremante, poi gli buttò le braccia al collo, e scoppiò in singhiozzi dicendo:
— Oh, quanto ti voglio bene!
Giorgio arrivò a casa ch’era prestissimo. La porta aperta a quell’ora insolita, i domestici affaccendati, gli misero addosso un gran turbamento e lo fecero correre alla camera della moglie in grande agitazione. La lucerna ardeva ancora, nonostante che la finestra fosse già chiara: Carlo e Rendona erano seduti sul canapè; Erminia, curva