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letto ferito — e tu, Giorgio, tutti i sorrisi che rallegrarono le pagine del tuo album da scapolo, e tutti i biglietti che profumarono il cassetto del tuo scrittoio, ti rammenti? E quell’altro biglietto singolare, senz’altro nome all’infuori di una corona di contessa, e senz’altra data che il giorno di una febbre, di una follìa, che è passata, lontana, molto lontana, ti rammenti?


Io me ne rammento ancora, dopo tanto tempo, e non ho vista colei che una sola volta, e mi sembra d’averla ancora dinanzi agli occhi, in quella gran sala d’albergo triste e nuda, mentre stendeva presso il fuoco le mani pallide e scintillanti di gemme, e mi fissava in volto gli occhi febbrili.