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mio caro, quando non è accompagnata dalla tubercolosi o dal tifo.

— Tu parli da medico! rispose Giorgio con un certo sorriso.

— Non sono medico soltanto, e ho avuto anch’io i miei amoretti grandi e piccini. Ho pianto, in quel beato tempo che avevo più arrendevole la glandula lacrimale, e mi sono strappato i capelli, quando ne avevo molti; ma vedi, non sono morto, e sto benissimo.

— Si vede! Anzi hai messo pancia. Però ti calunnii alquanto, mio povero dottore; avrai avuto degli amoretti, ti sarai strappato i capelli, conosci le trentanove maniere in cui un galantuomo se ne può andare all’altro mondo, ma ignori completamente quel che sia una passione... e meglio per te! Potresti vincere la morte, tu che hai tanto studiato? sai che ci sia un rimedio contro la tisi? Quando si è colpiti di quel male, che si chiama una passione, vedi... è una disgrazia, è una fatalità... ma è inutile lottare, e bisogna subirla fino all’ultimo.

— Se fosse così, sarebbe meglio mandare pel