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avevo dimenticato persino quel che ne avea detto il Rendona, allorchè un improvviso movimento, e il subitaneo pallore da cui si coperse La Ferlita mentre stava discorrendo, me ne fecero risovvenire di botto.

Il teatro era mezzo vuoto, e si vedevano pochissimi visi nuovi; ma verso la metà dello spettacolo si era udito aprire l’uscio di un palchetto in terza fila, di fronte a quello dove eravamo, e vi si era visto un po’ di movimento in fondo; però nessuno era venuto a mettersi sul davanti, e il palchetto sembrava vuoto come prima. Nondimeno gli sguardi di Giorgio vi correvano sempre, anzi vi si sprofondavano con tale ansietà paurosa che seguendoli vidi anch’io che c’era qualcheduno. Scorgevasi in fondo e nell’ombra qualcosa di bianco, delle forme indistinte che stavano immobili. Io ci rivolsi il cannocchiale un istante e vidi chiaramente un pallido viso di donna così scarno che il profilo sembrava scolpito nettamente dall’ombra, e che gli occhi sembravano nerissimi, enormi, luccicanti come fossero fosforescenti. Que-