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quella camera tranquilla sembrava più piena, quella piccola culla celeste, rannicchiata in un canto, riempiva un gran vuoto fra il canapè ed il letto. Nella strada si sentivano ancora i rumori di una città che si addormenta: il trotto rapido delle carrozze che ritornavano alla rimessa, il chiudersi delle ultime finestre e delle ultime porte, il passo affrettato di coloro che ritornavano dal caffè o dal teatro, i discorsi spezzati, e in mezzo a tutti cotesti rumori il respiro della donna un po’ irregolare sembrava unirsi al respiro appena sensibile del piccolo essere che le dormiva vicino. Gli occhi di Giorgio andavano dal letto alla culla, vi riposavano volentieri, e da quelle deboli creature che dormivano tranquillamente, fiduciose sotto gli occhi di lui che stava come a vegliarle e proteggerle, venivagli una gran forza, una gran pienezza di vita, che gli faceva sembrare più soffice il tappeto sul quale posava i piedi e lo schienale della poltrona al quale appoggiava la testa, gli rendeva più dolce il tepore di quella camera, più blanda la luce della lu-