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ascoltava Rendona colle spalle appoggiate allo stipite dell’uscio, e senza dire una parola. Quando il dottore ebbe finito la sua narrazione fatta con l’indifferenza di un uomo abituato a parlare di queste cose, ma che nondimeno avea gettato come un’ombra nella gaiezza un po’ turbolenta della comitiva, successe un istante di silenzio. La Ferlita si passò a più riprese la mano sulla fronte, e cercò di ravvivare la conversazione egli stesso. Parecchi cominciarono a cavare gli orologi e ad andarsene. Mentre il padrone di casa distribuiva strette di mano a dritta ed a sinistra, disse al dottore: - Fermati ancora, Rendona, sembrami che Erminia abbia un po’ di febbre. - Crespi, ch’era rimasto l’ultimo, uscì sogghignando. Mentre Giorgio mi stringeva la mano mi fermò un istante, fissandomi in viso quasi volesse dirmi qualche cosa, ma non aprì bocca, poi mi serrò la mano due o tre volte con forza, dicendomi: — A rivederci, e presto, non è vero?

Rendona mi raggiunse sulle scale, poichè solevamo fare la strada insieme. — Ha un po’ di