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DANTE ALIGHIERI
Ed èssi gloriosa in loco degno.
Chi non la piange, quando ne ragiona,
Core ha di pietra sì malvagio e vile,
Ch’entrar non vi può spirito benegno.
35Non è di cor villan sì alto ingegno,
Che possa imaginar di lei alquanto,
E però non gli vien di pianger voglia:
Ma vien tristizia e doglia
Di sospirare e di morir di pianto,
40E d’ogni consolar l’anima spoglia,
Chi vede nel pensiero alcuna volta
Qual ella fu, e com’ella n’è tolta.
Dannomi angoscia li sospiri forte,
Quando il pensiero nella mente grave
45Mi reca quella che m’ha il cor diviso
E spesse fiate pensando alla morte,
Me ne viene un desio tanto soave,
Che mi tramuta lo color nel viso.
Quando l’imaginar mi tien ben fiso,
50Giugnemi tanta pena d’ogni parte,
Ch’i’ mi riscuoto per dolor ch’io sento;
E sì fatto divento,
Che dalle genti vergogna mi parte.
Poscia piangendo, sol nel mio lamento
55Chiamo Beatrice; e dico: ‘ Or se’ tu morta! ’
E mentre ch’io la chiamo, mi conforta.
Pianger di doglia e sospirar d’angoscia
Mi strugge il core ovunque sol mi trovo,
Sì che ne increscerebbe a chi ’l vedesse:
60E qual è stata la mia vita, poscia
Che la mia donna andò nel secol nuovo,
Lingua non è che dicer lo sapesse:
E però, donne mie, pur ch’io volesse,
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