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DANTE ALIGHIERI

41 ii
V
OI che intendendo il terzo ciel movete,

Udite il ragionar ch’è nel mio core,
               Ch’io nol so dire altrui, sì mi par novo.
               II ciel che segue lo vostro valore,
               5Gentili creature che voi sete,
               Mi tragge nello stato ov’io mi trovo;
               Onde ’l parlar della vita ch’io provo,
               Par che si drizzi degnamente a vui:
               Però vi prego che lo m’intendiate.
               10Io vi dirò del cor la novitate.
               Come l’anima trista piange in lui,
               E come un spirto contro a lei favella,
               Che vien pe’ raggi della vostra stella.
          Solea esser vita dello cor dolente
               15Un soave pensier, che se ne gìa
               Molte fiate a’ piè del vostro Sire;
               Ove una Donna gloriar vedìa,
               Di cui parlava a me sì dolcemente,
               Che l’anima diceva: ‘ I’ men vo’ gire. ’
               20Or apparisce chi lo fa fuggire;
               E signoreggia me di tal virtute,
               Che il cor ne trema sì, che fuori appare.
               Questi mi face una Donna guardare,
               E dice: ‘ Chi veder vuol la salute,
               25Faccia che gli occhi d’esta Donna miri,
               S’egli non teme angoscia di sospiri. ’
          Trova contraro tal, che lo distrugge,
               L’umil pensiero che parlar mi suole
               D’un’angiola che ’n cielo è coronata.
               30L’anima piange, sì ancor len duole,

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