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ALEARDO ALEARDI
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E tu scendevi, amazzone dell’Arno,
Pisa tremenda e bella,
Tu pur scendevi alle marine giostre
Balzando in cima alle spumanti prue,
5Come a selvaggi corridori in sella:
E valoroso indarno
Fu ’l Saraceno, a cui le olenti chiostre
Palermitane fulminavi e i chioschi
Delle Alambre azzurrine.
10L’oro e le merci di rimote arene
S’accumulâr ne’ Toschi
Stipi: e al tuo nome l’isole Tirrene
Servíano, come ninfe ocëanine;
E teco le fraterne acque fendea
15Genova, l’iraconda
Nelle cacce del mar säettatrice.
Lïonessa dell’onda,
Lasciò il teatro della sua pendice,
E le terrazze candide, e i giardini
20Pensili, e i cedri del natio Bisagno,
E tra una selva d’ondeggianti pini
Volò a ruggir con la rabbia inumana
Del sùbito guadagno,
Fatta al sultano Bizantin sultana:
25E poi che d’oro e di fortuna sazi
Ebbe i suoi figli, ai popoli largiva
Il mondo americano . . . Ahi! scellerate
Nipoti di Caïno!
Voi che esultaste nei fraterni strazi,
30Dall’abisso dell’Italo destino
Vi maledice il vate.
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