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ALEARDO AT.EARDI
Della vallea di Casimira inteste,
20O i persici tappeti, e l’auree lane
D’Angora, salvi dalle ree tempeste
Dello Ellesponto, ove sovente il flutto
Per cupidigie insane
Fu triste di cadaveri e di lutto.
25Esule da Golconda, dove langue
D’amor la baiadera, il dïamante
Fea Rïalto brillar del suo splendore;
E il nitido rubino,
Quasi impietrata gocciola di sangue,
30Rutilando ridea sul crin corvino
Delle venete nuore . . .
Ma all’età dei magnanimi perigli
Successero i riposi
Degeneri, i fastosi
35Palagi, l’ozio, i carnovali e il sonno. —
Vòlta anch’ella a Orïente, in quell’istesso
Mattin scendea dai pallidi d’ulivi
Amalfitani clivi
Una gagliarda gioventude: l’arme
40In sulla spalla; il carme
In sulle labbra; l’onda
Di fronte immensa, e la baldanza in core.
E intanto la profonda
Mente scrivea dei padri una prudente
45Legge che resse la marina gente;
E porgeva ai nocchieri,
Per governar dei loro alberi il volo,
L’ago fedele nell’amor del polo;
Perchè nei tempi neri,
50Quando notturna infuria la procella,
Scusasse il raggio dell’occulta stella.
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