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GIUSEPPE GIUSTI

330 Sant’Ambrogio
V
OSTRA Eccellenza che mi sta in cagrnesco

Per que’ pochi scherzucci di dozzina,
               E mi gabella per anti-tedesco
               4Perchè metto le birbe alla berlina,
               O senta il caso avvenuto di fresco
               A me che girellando una mattina
               Capito in Sant’Ambrogio di Milano,
               8In quello vecchio, là, fuori di mano.
          M’era compagno il figlio giovinetto
               D’un di que’ capi un po’ pericolosi,
               Di quel tal Sandro, autor d’un romanzetto
               12Ove si tratta di Promessi Sposi . . .
               Che fa il nesci, Eccellenza? o non l’ha letto?
               Ah, intendo: il suo cervel, Dio lo riposi,
               In tutt’altre faccende affaccendato,
               16A questa roba è morto e sotterrato.
          Entro e ti trovo un pieno di soldati,
               Di que’ soldati settentrïonali,
               Come sarebbe, Boemi e Croati,
               20Messi qui nella vigna a far da pali:
               Difatto se ne stavano impalati.
               Come sogliono in faccia a’ Generali,
               Co’ baffi di capecchio e con que’ musi,
               24Davanti a Dio dritti come fusi.
          Mi tenni indietro; chè, piovuto in mezzo
               Di quella maramaglia, io non lo nego
               D’aver provato un senso di ribrezzo
               28Che Lei non prova in grazia dell’impiego:
               Sentiva un’afa, un alito di lezzo;
               Scusi, Eccellenza, mi parean di sego,
               In quella bella casa del Signore,
               32Fin le candele dell’altar maggiore.

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