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GIACOMO LEOPARDI

               Il ciel nullo conforto ai nostri affanni;
               E teco la mortal vita saria
               Simile a quella che nel cielo india.
          Per le valli, ove suona
               35Del faticoso agricoltore il canto,
               Ed io seggo e mi lagno
               Del giovanile error che m’abbandona;
               E per li poggi, ov’io rimembro e piagno
               I perduti desiri, e la perduta
               40Speme de’ giorni miei; di te pensando
               A palpitar mi sveglio. E potess’io,
               Nel secol tetro e in questo aer nefando,
               L’alta specie serbar! chè dell’imago,
               Poi che del ver m’è tolto, assai m’appago.
          45Se dell’eterne idee
               L’una sei tu, cui di sensibil forma
               Sdegni 1'eterno senno esser vestita,
               E fra caduche spoglie
               Provar gli affanni di funerea vita;
               50O s’altra terra ne’ superni giri
               Fra mondi innumerabili t’accoglie,
               E più vaga del sol prossima stella
               T’irraggia, e più benigno etere spiri;
               Di qua dove son gli anni infausti e brevi,
               55Questo d’ignoto amante inno ricevi.


320 Canto notturno di un pastore errante
nell’Asia
C
HE fai tu, luna, in ciel? dimmi, che fai,

Silenziosa luna?
               Sorgi la sera, e vai
               Contemplando i deserti; indi ti posi.

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