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GIACOMO LEOPARDI
55Reina un tempo e Diva. Or poi ch’a terra
Sparse i regni beati empio costume,
E il viver macro ad altre leggi addisse;
Quando gl’infausti giorni
Virile alma ricusa,
60Riede natura, e il non suo dardo accusa?
Di colpa ignare e de’ lor proprii danni
Le fortunate belve
Serena adduce al non previsto passo
La tarda età. Ma se spezzar la fronte
65Ne’ rudi tronchi, o da montano sasso
Dare al vento precipiti le membra,
Lor suadesse affanno,
Al misero desio nulla contesa
Legge arcana farebbe
70O tenebroso ingegno. A voi, fra quante
Stirpi il cielo avvivò, soli fra tutte,
Figli di Prometeo, la vita increbbe;
A voi le morte ripe,
Se il fato ignavo pende,
75Soli, o miseri, a voi Giove contende.
E tu dal mar cui nostro sangue irriga,
Candida luna, sorgi,
E l’inquieta notte e la funesta
All’Ausonio valor campagna esplori.
80Cognati petti il vincitor calpesta,
Fremono i poggi, dalle somme vette
Roma antica ruina;
Tu sì placida sei? Tu la nascente
Lavinia prole e gli anni
85Lieti vedesti, e i memorandi allori;
E tu sull’alpe l’immutato raggio
Tacita verserai quando, ne’ danni
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