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GIACOMO LEOPARDI

          Sole splendeati in vista,
          Cantor vago dell’arme e degli amori,
          Che in età della nostra assai men trista
          110Empièr la vita di felici errori:
          Nova speme d’Italia. O torri, o celle,
          O donne, o cavalieri,
          O giardini, o palagi! a voi pensando,
          In mille vane amenità si perde
          115La mente mia. Di vanità, di belle
          Fole e strani pensieri
          Si componea l’umana vita: in bando
          Li cacciammo: or che resta? or poi che il verde
          È spogliato alle cose? Il certo e solo
          120Veder che tutto è vano altro che il duolo.
     O Torquato, o Torquato, a noi l’eccelsa
          Tua mente allora, il pianto
          A te, non altro, preparava il cielo.
          O misero Torquato! il dolce canto
          125Non valse a consolarti o a sciorre il gelo
          Onde l’alma t’avean, ch’era sì calda,
          Cinta l’odio e l’immondo
          Livor privato e de’ tiranni. Amore,
          Amor, di nostra vita ultimo inganno,
          130T’abbandonava. Ombra reale e salda
          Ti parve il nulla, e il mondo
          Inabitata piaggia. Al tardo onore
          Non sorser gli occhi tuoi; mercè, non danno,
          L’ora estrema ti fu. Morte domanda
          135Chi nostro mal conobbe, e non ghirlanda.
     Torna, torna fra noi, sorgi dal muto
          E sconsolato avello,
          Se d’angoscia sei vago, o miserando
          Esempio di sciagura. Assai da quello


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