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GIACOMO LEOPARDI
Cinse il fastidio; a noi presso la culla
75Immoto siede e, sulla tomba, il nulla.
Ma tua vita era allor con gli astri e il mare,
Ligure ardita prole,
Quand’oltre alle colonne, ed oltre ai liti,
Cui strider l’onde all’attuffar del sole
80Parve udir sulla sera, agl’infiniti
Flutti commesso, ritrovasti il raggio
Del Sol caduto, e il giorno
Che nasce allor ch’ai nostri è giunto al fondo;
E rotto di natura ogni contrasto,
85Ignota immensa terra al tuo viaggio
Fu gloria, e del ritorno
Ai rischi. Ahi ahi, ma conosciuto il mondo
Non cresce, anzi si scema, e assai più vasto
L’etra sonante e l’ alma terra e il mare
90Al fanciullin, che non al saggio, appare.
Nostri sogni leggiadri ove son giti
Dell’ignoto ricetto
D’ignoti abitatori, o del diurno
Degli astri albergo, e del rimoto letto
95Della giovane Aurora, e del notturno
Occulto sonno del maggior pianeta?
Ecco svaniro a un punto,
E figurato è il mondo in breve carta;
Ecco tutto è simile, e discoprendo.
100Solo il nulla s’accresce. A noi ti vieta
Il vero appena è giunto,
O caro immaginar; da te s’apparta
Nostra mente in eterno; allo stupendo
Poter tuo primo ne sottraggon gli anni;
105E il conforto perì de’ nostri affanni.
Nascevi ai dolci sogni intanto, e il primo
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