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GIACOMO LEOPARDI

          E d’opra e di parola
          Ogni valor; di vostre eterne lodi
          Nè rossor più nè invidia; ozio circonda
          I monumenti vostri; e di viltade
          45Siam fatti esempio alla futura etade.
     Bennato ingegno, or quando altrui non cale
          De’ nostri alti parenti,
          A te ne caglia, a te cui fato aspira
          Benigno sì che per tua man presenti
          50Paion que’ giorni allor che dalla dira
          Obblivione antica ergean la chioma,
          Con gli studi sepolti,
          I vetusti divini, a cui natura
          Parlò senza svelarsi, onde i riposi
          55Magnanimi allegràr d’Atene e Roma.
          O tempi, o tempi avvolti
          In sonno eterno! Allora anco immatura
          La ruina d’Italia, anco sdegnosi
          Eravam d’ozio turpe, e l’aura a volo
          60Più faville rapia da questo suolo.
     Eran calde le tue ceneri sante,
          Non domito nemico
          Della fortuna, al cui sdegno e dolore
          Fu più l’averno che la terra amico.
          65L’averno: e qual non è parte migliore
          Di questa nostra? E le tue dolci corde
          Susurravano ancora
          Dal tocco di tua destra, o sfortunato
          Amante. Ahi dal dolor comincia e nasce
          70L’Italo canto. E pur men grava e morde
          Il mal che n’addolora
          Del tedio che n’affoga. O te beato,
          A cui fu vita il pianto! A noi le fasce


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