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ALESSANDRO MANZONI
Della tomba già schiudon la mente,
Che non tentan la turba furente
40Con prudenti parole placar? —
Come assiso talvolta il villano
Sulla porta del cheto abituro,
Segna il nembo che scende lontano
44Sovra i campi che arati ei non ha:
Così udresti ciascun che sicuro
Vede lungi le armate coorti
Raccontar le migliaia de’ morti,
48E la pièta dell’arse città.
Là, pendenti dal labbro materno
Vedi i figli, che imparano intenti
A distinguer con nomi di scherno
52Quei che andranno ad uccidere un dì;
Qui, le donne alle veglie lucenti
Dei monili far pompa e de’ cinti,
Che alle donne deserte de’ vinti
56Il marito o l’amante rapì.
Ahi sventura! sventura! sventura!
Già la terra è coperta d’uccisi;
Tutta è sangue la vasta pianura;
60Cresce il grido, raddoppia il furor.
Ma negli ordini manchi e divisi
Mai si regge, già cede una schiera;
Già nel volgo, che vincer dispera,
64Della vita rinasce l’amor.
Come il grano lanciato dal pieno
Ventilabro nell’aria si spande:
Tale intorno per l’ampio terreno
68Si sparpagliano i vinti guerrier.
Ma improvvise terribili bande
Ai fuggenti s’affaccian sul calle;
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