Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
GIOVANNI BERCHET
Sol dai perfidi fu tolto,
Perchè, avvinto in ceppi, il calice
120Beva lento del dolor;
Dove un pio mai nol consola,
Dove i giorni non gli numera
123Altro mai che l’alternar
Delle scolte . . . ’ — La parola
Sulle labbra qui del misero
126I singulti soffocâr.
Di conforto lo sovviene,
La man stende a lui l’estranio,
129Quei sul petto la serrò:
Poi, com’uom che più ’l rattiene
Più gli sgorga il pianto, all’eremo
132Col compagno s’avviò.
Ahi! quell’alpe sì romita
Può sottrarlo alle memorie,
135Può le angoscie in lui sopir
Che dal turbin della vita,
Dalle care consuetudini
138Disperato il dipartir?
Come il voto che alla sera
Fe’ il briaco nel convivio
141Rinnegato è al nuovo dì:
Tal, sull’Itala frontiera,
Dell’Italia il desiderio
144All’estranio in sen morì.
A’ bei soli, a’ bei vigneti,
Contristati dalle lagrime
147Che i tiranni fan versar,
Ei preferse i tetri abeti,
Le sue nebbie, ed i perpetui
150Aquiloni del suo mar.
418 |