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GIOVANNI BERCHET
51Non v’è pace, ma terror.
Come il mar su cui si posa
Sono immensi i guai d’Italia,
54Inesausto è il suo dolor.
Libertà volle, ma stolta!
Credè ai prenci; e osò commettere
57Ai lor giuri il suo voler.
I suoi prenci l’han travolta,
L’han ricinta di perfidie,
60L’han venduta allo stranier.
Da quest’Alpi infino a Scilla
La sua legge è il brando barbaro
63Che i suoi règoli invocar.
Da quest’Alpi infino a Scilla
È delitto amar la patria,
66È una colpa il sospirar.
Una ciurma irrequïeta
Scosse i cenci, c giù del Brennero
69Corse ai fori, e gli occupò;
Trae le genti alla segreta.
Dove, iroso, quei le giudica
72Che bugiardo le accusò.
Guarda! I figli dell’affanno
Sulla marra incurvi sudano,
75Va, ne interroga il sospir: —
“Queste braccia,” ti diranno,
“Scarne penano onde mietere
78II tributo a un stranio sir.”
Va, discendi, e le bandiere
Cerca ai prodi, cerca i lauri
81Che all’Italia il pensier diè. —
Son disciolte le sue schiere,
È compresso il labbro ai savj,
84Stretto in ferri ai giusti il piè.
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