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UGO FOSCOLO
Armi e sostanze t’invadeano ad are
185E patria e, tranne la memoria, tutto.
Chè, ove speme di gloria agli animosi
Intelletti rifulga ed all’Italia,
Quindi trarrem gli auspicj. E a questi marmi
Venne spesso Vittorio ad ispirarsi;
190Irato a’ patrii Numi, errava muto
Ove Arno è più deserto, i campi e il cielo
Desïoso mirando; e poi che nullo
Vivente aspetto gli molcea la cura,
Qui posava l’austero; e avea sul volto
195Il pallor della morte e la speranza.
Con questi grandi abita eterno, e l’ossa
Fremono amor di patria. Ah sì! da quella
Religïosa pace un Nume parla;
E nutria contro a’ Persi in Maratona,
200Ove Atene sacrò tombe a’ suoi prodi,
La virtù greca e l’ira. Il navigante
Che veleggiò quel mar sotto l’Eubea
Vedea per l’ampia oscurità scintille
Balenar d’elmi e di cozzanti brandi,
205Fumar le pire igneo vapor, corrusche
D’armi ferree vedea larve guerriere
Cercar la pugna; e all’orror de’ notturni
Silenzi si spandea lungo ne’ campi
Di falangi un tumulto e un suon di tube,
210E un incalzar di cavalli accorrenti
Scalpitanti su gli elmi a’ moribondi,
E pianto, ed inni, e delle Parche il canto.
Felice te che il regno ampio de’ venti,
Ippolito, a’ tuoi verdi anni correvi!
215E se il piloto ti drizzò l’antenna
Oltre l’isole Egée, d’antichi fatti
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