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UGO FOSCOLO
A egregie cose il forte animo accendono
L’urne de’ forti, o Pindemonte, e bella
E santa fanno al peregrin la terra
Che le ricetta. Io, quando il monumento
155Vidi ove posa il corpo di quel Grande
Che, temprando lo scettro a’ regnatori,
Gli allôr ne sfronda, ed alle genti svela
Di che lagrime grondi e di che sangue;
E l’arca di colui che nuovo Olimpo
160Alzò in Roma a’ Celesti; e di chi vide
Sotto l’etereo padiglion rotarsi
Più mondi, e il sole irradïarli immoto,
Onde all’Anglo che tanta ala vi stese
Sgombrò primo le vie del firmamento:
165Te beata, gridai, per le felici
Aure pregne di vita, e pe’ lavacri
Che da’ suoi gioghi a te versa Appennino!
Lieta dell’äer tuo veste la luna
Di luce limpidissima i tuoi colli
170Per vendemmia festanti, e le convalli
Popolate di case e d’oliveti
Mille di fiori al ciel mandano incensi;
E tu prima, Firenze, udivi il carme
Che allegrò l’ira al Ghibellin fuggiasco;
175E tu i cari parenti e l’idïoma
Desti a quel dolce di Calliope labbro
Che Amore, in Grecia nudo e nudo in Roma,
D’un velo candidissimo adornando,
Rendea nel grembo a Venere Celeste,
180Ma più beata che in un tempio accolte
Serbi l’itale glorie, uniche forse,
Dacchè le mal vietate Alpi e l’alterna
Onnipotenza delle umane sorti
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