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VINCENZO MONTI
Quel fior che sul mattin sì grato olezza,
E smorto il capo sulla sera abbassa,
Avvisa, in suo parlar, che presto passa
28Ogni mortal vaghezza.
Quel rio che ratto all’Ocean cammina,
Quel rio vuol dirmi che del par veloce
Nel mar d’eternità metta la foce
32Mia vita peregrina.
Tutte dall’elce al giunco han lor favella,
Tutte han senso le piante; anche la rude
Stupida pietra t’ammaestra, e chiude
36Una vital fiammella.
Vieni dunque, infelice, a queste selve;
Fuggi l’empie città, fuggi i lucenti
D’oro palagi, tane di serpenti
40E di perfide belve.
Fuggi il pazzo furor, fuggi il sospetto
De’ sollevati, nel cui pugno il ferro
Già non piaga il terren, non l’olmo e il cerro,
44Ma de’ fratelli il petto.
Ahi di Giapeto iniqua stirpe! ahi diro
Secol di Pirra! Insanguinata e rea
Insanisce la terra, e torna Astrea
48All’adirato Empiro.
Quindi l’empia ragion del più robusto,
Quindi falso l’onor, falsi gli amici,
Compre le leggi, i traditor felici,
52E sventurato il giusto.
Quindi vedi calar tremendi e fieri
De’ Druidi i nipoti, e vïolenti
Scuotere i regni, e sgomentar le genti
56Con l’arme e co’ pensieri.
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