Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
VINCENZO MONTI
Quando, ramingo dalla patria e caldo
D’ira e di bile Ghibellina il petto,
Per l’itale vagò guaste contrade
30Fuggendo il vincitor Guelfo crudele,
Simile ad uom che va di porta in porta
Accattando la vita. II fato avverso
Stette contra il gran Vate, e contra il fato
Morello Malaspina. Egli all’illustre
35Esul fu scudo: liberal l’accolse
L’amistà sulle soglie, e il venerando
Ghibellino parea Giove nascoso
Nella casa di Pelope. Venute
Le fanciulle di Pindo eran con esso,
40L’Itala poesia bambina ancora
Seco traendo, che gigante e diva
Si fe’ di tanto precettore al fianco;
Poichè un nume gli avea fra le tempeste
Fatto quest’ozio. Risonò il Castello
45Dei cantici divini, e il nome ancora
Del sublime cantor serba la Torre,
Fama è ch’ivi talor melodïoso
Errar s’oda uno spirto, ed empia tutto
Di riverenza e d’orror sacro il loco.
50Del Vate è quella la magnanim’ombra,
Che tratta dal desío del nido antico
Viene i silenzi a visitarne, e grata
Dell’ospite pietoso alla memoria,
De’ nipoti nel cor dolce e segreto
55L’amor tramanda delle sante Muse.
E per Comante già tutto l’avea,
Eccelsa Donna, in te trasfuso: ed egli,
Lieto all’ombra de’ tuoi possenti auspici,
Trattando la maggior lira di Tebe,
393 |