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VINCENZO MONTI
Ma che giovò? Dimentichi
Della mia patria i numi,
Di Roma al fin prescelsero
220Gli altari ed i costumi.
Grecia fu vinta, e videsi
Di Grecia la ruina
Render superba e splendida
224La povertà latina.
Pianser deserte e squallide
Allor le spiaggie Achive,
E le bell’arti corsero
228Dal Tebro sulle rive.
Qui poser franche e libere
Il fuggitivo piede,
E accolte si compiacquero
232Della cangiata sede.
Ed or fastose obbliano
L’onta del Goto orrore,
Or che il gran Pio le vendica
236Del vilipeso onore.
Vivi, o Signor! Tardissimo
Al mondo il ciel ti furi,
E con l’amor de’ popoli
240Il viver tuo misuri.
Spirto profan, dell’Erebo
All’ombre avvezzo io sono;
Ma i voti miei non temono
244La luce del tuo trono.
Anche del greco Elisio
Nel disprezzato regno
V’è qualche illustre spirito
248Che d’adorarti è degno.
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