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VITTORIO ALFIERI
281 | (Malattia del cavallo) |
Cui tu premevi timidetta il dorso,
Sta di sua vita or per fornire il corso
4Per morbo ond’io sanarlo omai diffido.
Oggi, pur dianzi, di mia voce al grido
La testa or grave, e un dì sì lieve al morso,
Alzava e mi guardava. Allor m’è scorso
8Agli occhi il pianto, e al labbro un alto strido.
Se tu il vedessi! Anco tu piangeresti . . .
Pieno ha l’occhio di morte, e l’affannoso
11Fianco non vien che d’alitar mai resti.
Pur, non so che di forte e generoso
Serba in sè, chè sì suoi spirti ancor tien desti;
14Ei muor, qual visse, intrepido, animoso.
(La libertà francese)
282 | i |
Duo gran contrarj, Indipendenza e Leggi;
Tu che da’ miei primi anni il cor mi pungi,
4E mia vita e miei studj arbitra reggi;
Tu di Giustizia suora, or tan disgiungi?
Religïon, già base tua, dileggi?
Lagrime ed auro da ogni tetto emungi?
8E tempio infetto infra vil gente eleggi?
Ah no! la Diva mia, del Tebro Diva,
Del Tamigi e di Sparta, ai Galli ignota,
11Mai non volò su questa infausta riva.
Licenza è questa: alla lisciata gota
Ben la ravviso, e d’ogni pudor priva
14Volger si affretta la sua breve ruota.
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