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VITTORIO ALFIERI
275 | (Alla Camera di Petrarca) |
Quel grande alla cui fama angusto è il mondo,
Quel sì gentil d’amor mastro profondo
4Per cui Laura ebbe in terra onor celesti;
O di pensier soavemente mesti
Solitario ricovero giocondo;
Di quai lagrime amare il petto inondo
8Nel veder ch’oggi inonorata resti!
Prezïoso diaspro, agata ed oro
Foran debito fregio, e appena degno
11Di rivestir sì nobile tesoro.
Ma no: tomba fregiar d’uom ch’ebbe regno
Vuolsi, e por gemme ove disdice alloro:
14Qui basta il nome di quel divo ingegno.
276 | (Sulla tomba di Tasso) |
Che in moderno sermon l’antica tromba
Fea risuonar dall’uno all’altro polo,
4Qui giaccion l’ossa, in sì negletta tomba?
Ahi Roma! e un’urna a chi spiegò tal volo
Nieghi, mentre il gran nome al ciel rimbomba?
Mentre il tuo maggior tempio al vile stuolo
8De’ tuoi vescovi re fai catacomba?
Turba di morti che non fur mai vivi,
Esci, su dunque: e sia di te purgato
11Il Vatican, cui di fetore empivi:
Là, nel bel centro d’esso ei sia locato.
Degno d’entrambi il monumento quivi
14Michelangiolo ergeva al gran Torquato.
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